Arciconfraternita del Sacro Monte dei Morti
in S. Giustino - Chieti

Le origini

Non è possibile sapere con sicurezza documentale se a Chieti esistessero confraternite nei secoli XIII- XV, in analogia a quanto si verificava in altre città italiane, nè gli storici che si sono occupati della città hanno compiuto indagini particolari sull'argomento.
Soltanto Luigi Vicoli, in un ormai raro opuscoletto apparso a Chieti nel 1859 in occasione del rifacimento dei simboli della Passione usati per la processione del Venerdì Santo, accenna alle origini e alla fondazione del Monte dei Morti, limitandosi ad affermare che "il tempo in cui ebbe principio il Monte dei Morti, è tanto remoto da non poter essere precisato".
Pur se non esistono documenti probanti, è da supporre comunque che anche a Chieti, così come all'Aquila e a Sulmona, tra i secoli XIII e XIV operasse qualche sodalizio con scopi di culto e di pietà, ma è certo che nel sec. XVI numerose confraternite sorsero in Italia, specialmente nelle città più esposte ai flagelli della guerra, con lo scopo di dare cristiana sepoltura ai cadaveri.
A Roma, nel 1538, era sorta, proprio per questo scopo, l'Arciconfraternita dell'Orazione e Morte: il flagello delle guerre combattute fra la Francia e la Spagna per il possesso della nostra penisola aveva mostrato chiaramente la debolezza politica e militare degli Stati italiani iniziata con la calata in Italia di Carlo VIII re di Francia (1494) ed aveva altresì reso le zone teatro di combattimenti, e quindi di enormi cimiteri, con il pericolo di gravi epidemie proprio a causa della mancata sepoltura dei cadaveri.
Di qui la istituzione nelle grandi città delle Confraternite della Morte, che ebbero ampie diramazioni nelle città periferiche peraltro meno provate dagli orrori della guerra.
Agli scopi originari si aggiunsero altri esercizi di pietà, come quello di provvedere alla sepoltura dei propri aggregati nelle cripte delle chiese dove avevano sede, di curare il suffragio delle anime dei defunti, e, più tardi, di accompagnare sul luogo dell'esecuzione i condannati a morte.
Non vi è dubbio che la Confraternita del Monte dei Morti di Chieti, per le ragioni già dette e per alcune altre particolarità che vedremo più avanti, sia sorta in analogia e come diramazione della omonima confraternita romana, ma nell'archivio del Monte dei Morti non esistono precisi documenti sulla data di fondazione: si ritiene tuttavia che la istituzione sia sorta formalmente nel 1603 in qualità di « aggregata » della Confraternita dell'Orazione e Morte di Roma e avendo come sede stabile per lo svolgimento delle sue iniziative la cappella annessa alla cripta di S. Giustino.
I primi anni di vita della Confraternita furono molto intensi per zelo e per opere di pietà: inizialmente vi aderirono uomini e donne di ogni ceto sociale e alla fine del Settecento la pia istituzione era molto fiorente, come si rileva dai lasciti e dalle donazioni assai numerose fatte in suo favore.
Ciò attirò anche i membri delle famiglie più in vista della Città, i nobili e coloro che vivevano «more nobilium», sicchè, lentamente, essa finì per accogliere solo la classe nobiliare. Evidentemente le Regole, le prime delle quali furono stampate, come si vedrà più avanti, nel 1648, la serietà dei suoi fondatori ed il patrimonio assai cospicuo, costituivano una seria garanzia.
Va sottolineato anche il fatto che in quel periodo esistevano pochissime altre confraternite in città, per cui coloro che si preoccupavano della salvezza della propria anima non esitavano a iscriversi al Monte e a versare la quota stabilita per garantirsi, dopo la morte, la celebrazione di Messe di suffragio o altri esercizi di pietà.
Lo zelo e l'attività del Sodalizio ebbero così vasta risonanza da giungere alle orecchie del papa Innocenzo X il quale, il 15 novembre 1648, emanò una Bolla con la quale le concedeva particolari indulgenze e privilegi.
L'aggregazione alla Confraternita romana è dimostrata dal fatto che la pia associazione teatina venne invitata a partecipare al solenne Anno Santo proprio dall'Arciconfraternita della Orazione e Morte di Roma con una lettera scritta in data 16 febbraio 1650 a firma del Governatore Sigismondo Spada, il quale chiedeva premurosamente anche il numero degli uomini e delle donne che avrebbero partecipato al pellegrinaggio, per provvedere al loro alloggio, nonchè il giorno della partenza per venirli a ricevere con ogni amore e fraterna carità.
La lettera fu accolta con animo grato dai fratelli di Chieti e ad essa fu data risposta, con una lettera del 9 marzo successivo inviata per mezzo di un apposito corriere, con l'assicurazione che tutti si sarebbero attenuti alle istruzioni impartite, a firma dei Governatori Giovanni Andrea Valignani, Alessandro Valignani, Biagio Grampa, Pietro Antonio Gigante, dell'assistente ecclesiastico D. Cinzio Paglioni e del Segretario Giacinto Mezzara.
In un grosso volume manoscritto conservato nell'archivio della confraternita vengono narrati minuziosamente la preparazione e lo svolgimento del pellegrinaggio.
Fu costruita appositamente una Morte in legno a grandezza naturale che nella mano sinistra reggeva un Crocifisso e nella destra una falce col motto Nemini parco; fu realizzato un nuovo stendardo in damasco nero, nonchè un catafalco della stessa stoffa con il teschio impresso ai quattro angoli, sul quale si doveva porre il Cristo Morto.
La notizia del pellegrinaggio fu diramata a tutta la diocesi e le adesioni furono così numerose che raggiunsero il numero di settanta sacerdoti e complessivamente mille fedeli di ambo i sessi.
Nulla fu trascurato per la buona riuscita del pellegrinaggio, alla cui organizzazione furono preposti per il clero Don Francesco Antonio Rosica e Don Francesco Caduncolo, per le donne Luigi Henrici e Placido Valignani, e per gli uomini Achille Dario, Domenico Dell'Orso, Carlo Canallina e Giuseppe Moroni.
Ai primi di ottobre del 1650, ultimati i preparativi, il pellegrinaggio ebbe inizio con grande solennità il primo giorno si raggiunse Popoli, il secondo L'Aquila, il terzo Rieti: ovunque i pellegrini furono accolti con grande carità.
L'ingresso a Roma fu quanto mai solenne: la compagnia, ordinata e devota, preceduta dai musici, fu ricevuta dai Governatori e dai fratelli dell'Arciconfraternita della Morte e Orazione e fu tanto ammirata che lo stesso papa Innocenzo X volle vederla due volte e benedire tutti i partecipanti.
Nei tre giorni che restarono a Roma i pellegrini visitarono i luoghi santi e le basiliche e, a ricordo della bella accoglienza ricevuta, il 27 ottobre 1650 offrirono all'Arciconfraternita di Roma la somma di cento scudi papali per opere di pietà.
Il pellegrinaggio riuscì tanto bene che servì da modello per i successivi Anni Santi ai quali sempre il Sodalizio parteciperà, fino all'ultimo Giubileo svoltosi nel 2000.





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